Uno dei massimi esperti di diritto di famiglia, Jeremy Morley, è stato intervistato su Repubblica.it, circa le zone grigie del diritto di famiglia, occupandosi particolarmente del ruolo femminile.
L’esperto, inizialmente, si sofferma sulla presenza femminile nelle corti: “Tendenzialmente, se i giudici sono donne sono in grado di comprendere meglio la situazione di una moglie durante una separazione“. L’esempio fornito da Morley è quello del giudice donna, Brenda Hale, la prima nella Corte Suprema inglese, la quale, donna e madre, ha dato un vero punto di svolta alle pronunce, adottando una maggiore equità per le mogli e i figli, pronunciandosi anche con una più spiccata sensibilità rispetto agli uomini.
I due sistemi migliori, quindi, sempre secondo l’esperto, sono quelli del Regno Unito e dello stato di New York, perché la donna è qui considerata una home builder. “Quando la coppia si separa, il contributo femminile è trattato alla stessa stregua di quello di un uomo che lavora.”
Il ragionamento è autoevidente: se il matrimonio è una ‘partnership alla pari‘, il supporto finanziario deve continuare a essere fornito al coniuge che ha rinunciato, in tutto o in parte, alla propria capacità di guadagno per occuparsi della famiglia e permettere, molto spesso al marito, di massimizzare il proprio earning power”.
A chi, invece, lamenta che le leggi siano divenute troppo favorevoli alle donne, con una conseguente disparità al contrario, l’esperto avvocato risponde: “Non la considero una posizione equa. Perché una donna che si è occupata della famiglia è stata fuori dal mondo del lavoro per lungo tempo o vi ha partecipato con minore libertà. Dunque, quando il matrimonio finisce, ha meno possibilità di guadagnare e avere un buon stipendio, rispetto a chi si è dedicato alla carriera“.
Insomma, secondo Morley occorre fornire un maggiore supporto alle donne nel momento della separazione e, soprattutto, è fondamentale che vi sia una ingente presenza femminile nei tribunali.
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